Introduzione di Renato Minore
Postfazione di G.B. Angioletti
Traduzioni di Paola Angioletti
Edizioni integrali
Autentico gioiello letterario e filosofico, Candido, l’opera più celebre di Voltaire, è un esempio unico di perfetta congiunzione tra senso dell’ironia, inquietudine, metafisica e perfezione stilistica. La candida domanda «Perché esiste il male in questo mondo?» ha turbato i pensatori di tutti i tempi. Voltaire se la pone in tutta la sua attualità, nel corso del racconto, senza trovare una risposta definitiva, anzi, lasciandoci con il sospetto che questa in realtà non esista affatto. Ma ciò che pare senza dubbio esistere per Voltaire come uno dei piaceri più compiuti dell’umanità è la forza dell’arguzia e dell’intelligenza. Quella stessa forza che è alla base degli altri tre racconti filosofici proposti nel volume, L’Ingenuo, pubblicato nel 1772, Micromegas e Zadig, «curioso, divertente, morale, filosofico, degno di piacere a quelli che odiano i romanzi».
«Nulla era più bello, più agile, più brillante, più ordinato dei due eserciti. Le trombe, i pifferi, gli oboi, i tamburi, i cannoni facevano un frastuono infernale. Da principio i cannoni stesero circa seimila uomini da entrambe le parti, poi la moschetteria tolse dal migliore dei mondi su per giù diecimila cialtroni che ne infettavano la superficie. […] Candido, tremante come un filosofo, si nascose meglio che poté durante quell’eroico macello.»