Un uomo sta per essere privato del suo unico bene, della sua stessa vita. Nella sua mente incredula e atterrita si consuma lenta e inesorabile l’attesa, scandita dal ritmo ossessivo, martellante degli ultimi pensieri.
L’angoscia cresce, di minuto in minuto, e la coscienza della colpa si infrange di fronte all’oscenità abominevole della folla che pretende, urlante, il suo spettacolo capitale. È con questa sorta di lucidissima e appassionata perorazione letteraria a favore dell’abolizione della pena di morte, pubblicata nell’ultimo anno della monarchia dei Borbone, che Victor Hugo, all’età di ventisette anni, prese posizione in difesa dei diritti inalienabili dell’uomo e innanzitutto di quello alla vita.